domenica 6 maggio 2007

La fotografia fra documento e propaganda

Tenendo presente che ogni fonte non può mai essere oggettiva, poiché vive dell’interesse e delle domande dello storico, la fotografia dell’Istituto Luce, sicuramente, si anima di un’ambiguità strettamente connessa all’istituto stesso ed alla sua natura di essere, contemporaneamente, sia veicolo ed organo della propaganda, sia testimone concreto del periodo storico in cui è stato creato.
Partendo dalle constatazioni di Roland Barthes, tuttavia, possiamo andare a riscoprire nelle fotografie del Luce alcuni elementi, che le rendono di primaria importanza nello studio del regime fascista, non soltanto divenendo fonti per uno studio sulla propaganda visiva del regime, essendone state fra i principali supporti, ma anche perché lasciano intravedere alcuni interessanti dettagli sulla realtà sociale dell’epoca.
Per molti italiani di allora, la fotografia del Luce rimane l’unica immagine diffusa e disponibile sui giornali, e quindi l’unica rappresentazione della realtà, che essi possano percepire al di fuori della realtà stessa. Pur essendo lo strumento per edificare il monumento visivo dell’Italia fascista, la fotografia del Luce porta più volte in se, alcuni indizi che, oltre l’aspetto patinato della propaganda, ci lasciano così intravedere la realtà sociale di quegli anni.
Attraverso la fotografia dell’Istituto Luce, ci possiamo trasferire negli occhi di chi ha prodotto quella data immagine, svelandone così l’intenzionalità soggiacente alla modulazione creativa, ma ancor più importante, noi possiamo entrare negli occhi di chi quella data immagine l’ha vista poi, riprodotta sui giornali, cercando di percepire la stimolazione di pensiero che la fotografia ha suscitato in lui.
La fotografia del Luce, allora, si eleva a divenire il trascrittore della percezione visiva, oltre che attestare la valutazione della realtà italiana che il Luce, secondo le direttive del regime, effettuò nel corso della sua esistenza.


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1 commento:

Stefano Mannucci ha detto...

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