domenica 6 maggio 2007

La rappresentazione del fronte interno

Iniziata la guerra, i fotografi dell'Istituto Luce si aggirano per le città italiane per produrre fotografie che servano a celare i problemi e le preoccupazioni della società, ed attestare come si possa tranquillamente convivere con il conflitto in atto. Accanto ad immagini di evasione, il Luce inizia a rappresentare un paese mobilitato a sostegno del regime. Attraverso un’estetizzazione del consenso, si cerca di fotografare e, nello stesso tempo, costruire ed aumentare il consenso stesso del fronte interno. Ecco così apparire le fotografie delle raccolte della lana e dei giornali, del ferro e delle campane, la marcia della Gil e l’adesione dei giovani al conflitto, l’impegno delle donne, i servizi sulle giornate delle donne postine o tranviere. Ma i primi bombardamenti, intanto, colpiscono le città. A nulla valgono le fotografie delle tolette di guerra o dei servizi di difesa antiaerea. Nulla di ciò tranquillizza la popolazione, che anzi ora inizia ad avvertire la paura della guerra. La propaganda, non potendo più oscurare o negare l'evidenza dei bombardamenti e delle carenze delle misure di difesa fino ad allora predisposte dal regime, cerca inizialmente di farli apparire come un’eroica prova di coraggio e forza della popolazione. Si allargano i fronti del conflitto, viene dichiarata guerra agli Stati Uniti e vengono inviati i soldati in Russia. I bombardamenti continuano implacabili a colpire le città italiane, ed impongono cambi e stravolgimenti nella propaganda iconografica. Lo stesso culto del duce ne viene colpito, ed ora si deve sempre più porre attenzione al consenso della popolazione.
Le direttive aumentano, ma non sempre bastano. I beni scarseggiano, ma nelle immagini ufficiali, le persone sembrano quasi non patire la fame, troppo impegnate a raccogliere rottami e giornali da donare alla patria.
E proprio al fine di negare la drammatica realtà economica e sociale del paese, il regime instaura la propaganda degli orti di guerra, per attestare la produttività italiana, ed allo stesso tempo enfatizzare ed incentivare la mobilitazione della popolazione. Il Luce fotografa i vari orti di guerra che riempiono gli spazi pubblici nelle città, fotografa una società intera che senza distinzione di classe accorre nei centri e nei parchi della città, prima a coltivare e poi a trebbiare il grano. Ma anche tale politica iconografica, tale coreografia di immagini, non basta ad aiutare una popolazione che inizia a convivere con fatica con le drastiche misure sui beni alimentari e con l’assenza di risorse. Il compito dell'Istituto Luce, tuttavia, rimane lo stesso: continuare a costruire l'immagine di un consenso che permei l'intera società, anche se, nella realtà, tale consenso sta diventando sempre più fragile. E molte fotografie lasciano già intravedere, oltre l'estetizzazione del consenso, frammenti di quella realtà che porterà alla caduta del fascismo.

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1 commento:

Stefano Mannucci ha detto...

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